Olimpia Biasi, l'artista che svela i misteri della natura

Tra i teleri che scendono dall’alto in un’esplosione di colori, nella grande mansarda-studio di Olimpia Biasi, ti senti come Alice nel Paese delle Meraviglie. E’ un viaggio quasi mistico in un’altra dimensione, con tanta bellezza a circondarti. Può succedere che ti rapisca lo sguardo azzurrissimo di un ritratto piccolo ma intenso, figurativo, ma quasi onirico per la forza dei colori, le ombre sul violetto, grigio e arancio insieme, toni così diversi dal vero eppure che il vero sanno restituire.

“E’ mio padre – spiega Olimpia, che ha lo stesso sguardo azzurro-turchese  del signore ritratto, mentre mostra la serie di dipinti: ci sono intellettuali come Giorgio Soavi, Comisso, Naldini , amici e complici  – io disegno da sempre, pittori si nasce: ed è una forza incoercibile,  che ti viene da dentro, una necessità innata.”

Nata a Fontanelle, piccolo paese vicino ad Oderzo, in provincia di Treviso, Olimpia si trasferì a Venezia per studiare al Liceo Artistico, ospite di parenti:  “Sono stata fortunata: ho passato l’infanzia nella natura, cogliendone sapori, profumi e colori, e poi ho avuto a disposizione Venezia, che per chi ama l’arte è il massimo. Al Liceo Artistico mi sono formata con grandi artisti presenti a Venezia, c’erano Bacci e Gaspari, icone dello spazialismo, muoveva i primi passi della sua carriera un giovane Vedova e  ricordo  l’ingresso in classe di Peggy Guggenheim, per vedere un’opera di Bacci, straordinaria nella sua originale eleganza, con al seguito i suoi cagnolini. Grande donna, che a Venezia ha dato e lasciato moltissimo. Mi porto nel cuore anche Giovanni Barbisan, che mi insegnò a disegnare. La Venezia di quel tempo era una città incredibile, un grande circolo di intellettuali ed artisti, che potevi incontrare ovunque: avere contatti con loro mi ha insegnato molto, ha contribuito alla mia apertura sia dal punto di vista artistico che culturale e spirituale. Venezia è storicamente un crogiuolo di culture diverse che in lei trovano magica sintesi, intrecci inaspettati che aprono nuove strade da esplorare. E’ sempre stata cosmopolita, aperta al mondo. Il Veneto degli ultimi anni purtroppo ha fatto della Serenissima una bandiera al contrario, con una connotazione di “chiusura” che non corrisponde alla storia.”

Di questo, e molto altro, si parla nella magnifica casa secentesca, che Olimpia ha restaurato, facendone da una ventina d’anni il suo luogo di ispirazione, vita e lavoro. Imponente e insieme gentile, in rosa antico, la casa-atelier è a Lovadina, a poche centinaia di metri dalle rive del Piave, e ha un giardino creato dalla stessa artista: asimmetrico, con un ordine solo apparentemente casuale, un’opera d’arte che a maggio vede il trionfo di molte fioriture, ma soprattutto delle rose, anche quelle himalayane, che si arrampicano per dieci metri su un albero secolare e delle altre che formano più in là un tunnel profumato. Qui erano soliti riunirsi  intellettuali come Zanzotto, Soavi, Zambon, e soprattutto lo scrittore Nico Naldini, cugino di Pierpaolo Pasolini e grande amico di Olimpia. “Siamo stati come fratelli”- racconta sorridendo.

Fu proprio in uno di questi incontri che si tenevano settimanalmente, che il Prof. Zambon, uno dei maggiori esperti di Filologia Romanza, portò in dono un libro

“Dal momento che i libri di Zambon erano belli ma sempre molto impegnativi, l’ho messo da parte per un po’, prima di affrontarlo, ma quando l’ho aperto è stata una scoperta incredibile, che ha dato vita da un nuovo filone della mia carriera artistica: era la vita di Hildegard Von Bingen! Per me, fu una passione immediata, leggevo ogni riga con una voracità incredibile, come se avessi trovato esattamente quel che cercavo.”

 Ildegarda era una monaca tedesca, vissuta nel monastero di Bingen nel Medioevo: una mistica considerata  nei secoli la maggiore esperta di medicina naturale. Fu la prima a riscoprire e trascrivere gli antichi rimedi della medicina greco-romana e l’utilizzo di tutte le erbe e piante medicamentose. Una scienziata ante-litteram, resa santa da Papa Ratzinger nel 2012, che ha dato modo ad Olimpia di sviluppare una nuova pagina della sua arte. Ma ci arriveremo. Prima raccontiamo la storia di questa artista, invitata ben due volte ad esporre alla Biennale di Venezia e protagonista di eventi ed esposizioni in tutto il mondo, dall’America Latina al Giappone.

“Non faccio molta differenza tra figurativo e astratto: per me anche il figurativo è metafisico. Ho  sviluppato negli anni la mia ricerca, il mio è un astratto espressionista, materico, particolare perché tutto parte da un dato reale, da un suggerimento che mi viene dall’osservazione della natura: una foglia, un fiore, un alito di vento, e poi esplode sulla tela. Ecco, per me l’artista fa proprio questo: rende concreto, palpabile un messaggio. Ma è sempre il pensiero che guida la mano, ed è la cultura che guida l’arte.”

 

Olimpia – che deve il suo nome al nonno, innamorato della Grecia – è convinta che sia la cultura tout-court la base ideale per essere un grande artista.

“Io non amo un artista in particolare, o un periodo della storia dell’arte: io amo ciascuno di loro, in ogni epoca. Studio, ammiro, vado a vedere anche artisti meno noti, dal Medioevo al Rinascimento, dal Barocco alle avanguardie, (mi piace pure l’arte naif) e cerco di coglierne l’anima e il retro-pensiero. Facendolo, mi sono accorta di una cosa: non esiste grande artista che non abbia avuto una grande cultura, che non sia stato curioso, indagatore, a suo modo unico e rivoluzionario. Negli anni ’80 esponevo alla Galleria del Libraio, e lì conobbi Naldini: fu un incontro d’anime che mi mise poi in contatto con letterati, poeti e pensatori, consentendomi di ampliare le vedute, di migliorare il mio sentire e la mia arte.”

Forse anche di divertirsi, perché Olimpia pare proprio divertirsi a raccontare il suo essere artista: come quando ti mostra come ha “tradotto” su tela  il cielo stellato di Stromboli, sua amata isola, con un quei riflessi violetti che aleggiano intorno alla Via Lattea e migliaia di stelline puntiformi, o l’improvviso squarcio di luce dell’altra bellissima opera, in cui i lapilli del vulcano illuminano la notte. O ancora quell’altro, con quel cielo di pallido azzurro, direttamente tratto dai paesaggi dei pittori veneziani. Dentro i quadri c’è Tiziano, e c’è Giorgione, e c’è Pontormo il delizioso Lotto e  i coloristi veneziani, ma anche  il tratto gentile di Raffaello e il disegno preciso di Leonardo, c’è Van Gogh  e insieme i grandi maestri del Novecento, c’è l’antico e il moderno, anche nella forma (“I teleri sono un’idea che ho “rubato” a Tintoretto”). E soprattutto c’è l’evoluzione: “Io non amo le opere in serie. Purtroppo, oggi l’arte contemporanea spesso è schiava di meccanismi che inducono la ripetizione di quel che “funziona” e quindi si vende. Ma non fa per me: io seguo l’onda della mia ispirazione. E partecipo, anche fisicamente, e con grande emozione, alle mie opere, non mi pongo limiti nell’espressività artistica: da questo punto di vista, mi ispiro a Gerhard Richter.”

 

E torniamo al magico incontro con il manuale di Medicina naturale di Ildegarda, fonte primaria di ispirazione di una delle installazioni più belle e originali di Olimpia Biasi: stiamo parlando di “Viriditas”, mostra allestita nel 2018, all’Orto Botanico di Padova (il primo Orto Botanico universitario del mondo, istituito nel 1545 e ora Patrimonio dell’Unesco) e curata da Virginia Baradei. Le creazioni di Olimpia, ispirate direttamente dalla natura e con essa in stretta relazione, tra visioni cosmiche e indagine del particolare, hanno tessuto un dialogo con questo luogo unico sia attraverso le opere collocate in spazi espositivi interni (garze, erbari, disegni, teleri), sia con le installazioni all’esterno, tra alberi, piante e acque.

"Queste ultime sono state meravigliosamente “completate” dall’azione degli eventi naturali. La natura ci ha lavorato su con pioggia, sole e vento. E’ stato magnifico. Come splendido è stato poter avere ospite Stefano Mancuso, botanico e docente all’Università di Firenze, ma soprattutto uno dei maggiori esperti di neurobiologia vegetale, che ci ha spiegato come le piante reagiscano all’ambiente esterno, vi si sappiano adattare, ed entrino in comunicazione con ciò che le circonda. Ecco, la “Viriditas” che intendevo io è proprio questa: l’inesauribile vitalità della natura, che prende milioni di forme diverse. Sono convinta che ogni pianta abbia un suo carattere, una propria personalità  e come dice Mancuso una propria “intelligenza” interna.”

E’ un campo di indagine molto interessante, che porta l’artista a creare queste leggere e meravigliose garze, evocatrici del paziente lavoro femminile di tessitura, che diventano “erbari”, in cui la parte basica della garza accoglie la pittura, il collage ed elementi vegetali (semi, foglie, fibre vegetali). Il risultato è emozionante: sulle garze, leggere e “volanti” di Olimpia, si muove la moltitudine delle forme di vita della natura (un vivace mondo di colori, piccoli insetti, farfalle, fiori, intrecci d’erbe, semi e foglie, nastri) e l’artista esplica la sua ricerca sul mistero della natura stessa. Qui lo fa in modo minuzioso, come la sua musa Ildegarda, ma la ricerca è la stessa che la porta alle grandi visioni coloristiche dei teleri.

 

“Natura è ciò che conosciamo ma non possiamo esprimere. La nostra saggezza è impotente di fronte alla sua semplicità”. (Emily Dickinson) 

 Abbiamo scelto questa frase di Emily Dickinson, la poetessa preferita da Olimpia, perché proprio da lei prende il via il lavoro che il lockdown le ha ispirato : “La solitudine aiuta l’artista, l’Arte è un soliloquio”. Si tratta di un’altra evoluzione della sua ricerca: crea  “libri” di quattro facciate, in garza, ciascuno dedicato ad una poetessa, ad un poeta, ad un artista, in cui brani di poesia trovano spazio a fianco delle erbe, dei ricami, dei disegni, in un collage di bellezza mozzafiato, mai uguale, ciascuno ad illuminare una parte del mistero.

“Li immagino appesi ad un filo, in modo che restino aperti a metà, perché si possa godere della loro tridimensionalità, e guardarli da tutti i punti di vista.”

 

Mentre salutiamo questa bella signora bionda, lasciando il suo atelier, già immaginiamo la meraviglia che la prossima installazione di Olimpia Biasi porterà ad ognuno di noi, facendoci tornare bambini incantati davanti allo spettacolo della natura e magari, chissà, un po’ più consapevoli del suo eterno messaggio.

Antonella Antonello

 

Per seguire Olimpia Biasi:

https://www.instagram.com/olimpiabiasi/

http://www.olimpiabiasi.com

 

 

3 commenti

  • Il soggetto, personaggio interessantissimo, il tono, fluido e quasi “confidenziale” ma rispettoso … il riscontro quasi emozionale, tra il colore delle immagini scelte e il testo … mi hanno rapita!!!

    Orsolina Canzian
  • Il soggetto, personaggio interessantissimo, il tono, fluido e quasi “confidenziale” ma rispettoso … il riscontro quasi emozionale, tra il colore delle immagini scelte e il testo … mi hanno rapita!!!

    Orsolina Canzian
  • Olimpia è un’artista fantastica! Mette l’anima nei suoi lavori: i ritratti fanno trasparire la psicologia dei personaggi ed il rapporto che lei ha con loro, i giardini ed i fiori fanno capire quanto lei li ami e si prenda cura di loro, il mare ed i tramonti emanano sentimenti e vissuti profondi. Il suo legame con la natura tutta è totale, mitologico direi.

    Luigina Tessarin

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